Introduzione


Benvenuti, carissimi, nella tanto mitica e così realissima
‘Città Dorata’, luogo delle primizie, riecheggiante di
tutte le immagini bibliche; dove ognuno di noi partecipa,
da protagonista e in pienezza, a tutte le attività vitali di
questa terra tanto agognata e promessa, divenendone
appieno cittadino vitale: un brillante politico.
Intendiamoci bene e subito: non uno dei nostri modi
umani di essere politici, ma ‘politico’ nel suo vero e proprio
significato: ‘appartenente alla polis’(città); e quindi,
vivente e vivificante la città, il mondo: il mio, l’altrui,
e quello universale.
Ciascuno di noi vive in questa nuova città di appartenenza
libera e vivificante, vitale e rasserenante, nella
piena coscienza di ricevere e di donare il meglio: l’‘oro’
preziosissimo di quella Verità che ci incontra nel nostro
procedere, nelle profondità dei percorsi di questa miniera
che nasconde e rivela il meglio di sé: l’aurea vitalità
dell’anima; la quale, ora, riprende il proprio splendore
nel procedere, piano e sicuro, in questo nostro rinnovato
cammino...



83

Io invoco la vendetta di Dio; ma Lui non ne è capace, in
grado. Lo fecero anche Giovanni e Giacomo, invocando il
fuoco dal cielo.
Ma né il Figlio, né il Padre fanno vendetta, a nessuno e
per nessun motivo. Falso dio quello della vendetta nel
tempo e nell’eterno. La visione di Lui in noi ce lo ha rivelato
diverso.

Il mio bene appariscente, attraente, disponente, aderente e
appropriante punta decisamente alla mia glorificazione. È
un bene tendenzialmente gloriante.
L’amore per me lo vuole così, e ne ha tutta la capacità per
ottenerlo. Lo sa perfettamente egoisticizzare, e il bene
ottenuto risulta bene egoisticizzato. Sembra buono, e a
dirmelo è il piacere che ne provo; ma ecco la verità scoppiare
violenta in tutta la sua tragicità.
Quando il bene egoisticizzato non attira, a respinge, non
convoglia, ma distoglie, allora mi scatena furibondo un
odio vendicatore che non ha sazietà fino a quando non ho
eliminato il mio nemico.
La vendetta punta sempre e decisamente alla eliminazione
di chi mi è contrario. La vendetta del bene gloriante osteggiato
ha una sua particolare fisionomia. Non è una vendetta
puramente umana, ma più divina che umana.
Poggia su questa idea: se Dio mi concede la produzione di
bene divino per la mia glorificazione, sarà prontissimo a
mettere a mia disposizione anche la sua potenza vendicatrice.
Il buon Giovanni evangelista se ne andava convinto,
forse più degli altri, insieme al suo fratello Giacomo.
Avuto l’incarico da Gesù di precederlo in territorio samaritano
per fare i preparativi per un loro pernottamento, se
ne tornano indignati contro la gente di Samaria respingente,
e si dichiarano pronti ad una esemplare punizione, non
appena Gesù conceda in mano loro quel fuoco che Lui può
far scendere dal cielo.
‘Mettilo in mano nostra il fuoco dal cielo e ne faremo un
bell’arrosto umano!’.
Gesù chiude immediatamente loro la bocca e poi apre i
loro sguardi sul loro interno, perché abbiano ad individuare
quello spirito infernale che li anima: ‘Non sapete di
quale spirito siete’. Dunque il Figlio del Padre non si presta
ad alcuna vendetta religiosa.
Quello del Figlio non è spirito di vendetta. Quello che
riceve dal Padre eternamente in forma personale, non
conosce l’onda dell’odio vendicatore.
1) Dunque né Padre, né Figlio, né Pneuma praticano alcuna
forma di vendetta nel tempo presente. Il Dio vendicatore
non è il vero Dio; è un dio falso creato dall’amore
per me.
2) Se non lo fa vendicatore nel tempo, almeno lo si ammette
vendicatore nell’eternità? In apertura di questa visione
dell’eternità non c’è il giudizio universale, la condanna
a un castigo eterno dei malvagi? L’abbiamo fin
qui sempre pensato con il Padre nostro; ora però non ci
riusciamo più, dal momento che lo Pneuma ci ha concesso
di averne una visione dentro di noi.
Quando incominciamo nella vita: il Padre mi si è dato da
vivere con battesimo cresimato con tutta la sua moribilità.
Da Satana si è lasciato mandare in malattia. Da allora lo
spirito Paterno mi va per ogni azione di amore di odio in
morte viva dell’amore. Subisce quella orribile morte in
silenzio e con amore, invitando anche me a fare il piccolo,
devotissimo al suo amore che non castiga, ma è pronto
a lasciarsi castigare. Lo fa nel tempo, ed è disposto ad
accettarlo nell’eternità, non appena io mi avessi a fissare
nella morte eterna dell’amore. Lui non conosce alcuna
vendetta; sono io, con Satana che conosciamo la nostra. Ci
approfittiamo di un Padre che ama non da grande, ma da
piccolo. Non riesco più a fare questa vendetta, quindi:
impossibile per me volermi vendicare del bene ottenuto
facendomi aiutare da un falso dio vendicatore.

84

Il sacerdote egoisticizzatore del bene sacerdotale.
Abbiamo vendicato il bene respinto. Idea: Dio difende il
suo consacrato. Di qui, la paura di toccarlo. Dio favorisce
il sacerdote, che adopera il fine sacerdotale per la sua
gloria. Di qui, si minacciava la vendetta divina e la si
annunciava eseguita.

Col mio bene appariscente, attraente, disponente, aderente,
appropriante, io punto decisamente alla mia glorificazione.
Non sempre la ottengo. Proprio quando mi viene
negata, il bene gloriante mostra la sua dentatura infernale:
divento un vendicatore spietato, con tanto di giustificazio-
ne divina: Dio si vendica del malvagio nel tempo e ancor
più nell’eterno. Ero sicuro che Dio si prestava alla sua
azione vendicatrice. La visione Paterna dentro di me mi ha
detto letteralmente il contrario. Ho dovuto ricredermi, e ho
dovuto riconoscere di avere banalmente sbagliato a vendicarmi
del bene repellente. I sacerdoti, allora, si vendicavano
sulla gente, quando questa respingeva il bene che essi
offrivano. Ed è esatto, questo. Ecco come si è giunti a questa
situazione. Il sacerdote è l’uomo di Dio: a Dio si è
ceduto, e lui se ne è appropriato. È una proprietà di acquisizione.
Poiché noi siamo convinti di difendere e di favorire
la nostra proprietà, ancor più lo saprà fare Dio.
1) Di questo si era convinti già nell’Antico Testamento,
quando quell’idea alimentava una divina proibizione
minacciosa: ‘Non toccate il mio consacrato’: ‘Nolite
tangere Cristos meos’. A sciogliere una simile idea non
è bastato neppure un fatto clamoroso che le era contrario.
Gesù più che consacrato, liberamente si lascia toccare;
non solo, ma si lascia azzerare fissato alla croce,
senza minacciare, senza castigare. Come se niente
fosse accaduto, noi Chiesa siamo proseguiti sulla linea
dell’Antico Testamento e l’abbiamo applicata.
Scomunica a quanti fanno violenza su un chierico:
‘Violentas manus iciiare in clericum’. E perché la scomunica?
Dio lo si pensava geloso del suo sacerdote: guai
a chi lo toccava. E la gente che si sentiva piccola davanti
all’autorità religiosa aveva paura a toccarlo. Da qui la
calda raccomandazione: ‘Precc, moneghe, e frà, leaga ol
capèl e lasai ‘nda’: preti, monache e frati, levar loro il
cappello e lasciarli andare. Si era sicuri che a contrastare
apertamente il bene sacerdotale si andava a finire male
per castigo di Dio, che era geloso dei suoi consacrati.
2) Lo difende, e ancor più lo favorisce. Dio non doveva
negare al suo sacerdote. Lui è portatore di un complesso
bene sacerdotale facile a lasciarsi egoisticizzare: ieri
più di oggi.
Il rifiuto, peggio la lotta aperta contro il bene sacerdotale
cosa strappava al sacerdote che lo aveva egoisticizzato?
La denuncia pubblica, le minacce, la condanna
con tanto di sentenza: ‘Vedrai il Signore che cosa ti
farà!...’. Quando sciagure, sventure, disgrazie, magari
una tragica repentina morte raggiungeva una persona,
questo veniva letto come la perfetta esecuzione di quella
sentenza.
Il sacerdote allora trionfava e la leggeva e la pubblicava
con grande soddisfazione, come monito per tutti gli
altri: ‘Avete visto che il Signore è intervenuto?’.
I sacerdoti hanno sempre manovrato un Dio gravemente
falsificato, bestemmiando il vero Dio: e lo si faceva,
da parte dei sacerdoti, convinti di non sbagliare affatto.
Ora lo sappiamo, ora lo vediamo, ora lo riconosciamo:
come sacerdote io non amavo né Dio né i miei fratelli,
ma amavo unicamente me stesso: perché se il bene
sacerdotale non mi dava gloria, io diventavo tutto e
sempre odio vendicatore che faceva fare a Dio quello
che Lui non ha mai fatto.
Se non ce lo avesse fatto capire ora con questo dono del
bene non tanto fideato, ma visuato, farei sicuramente il
vendicatore il doppio di ieri. Ora, invece, sappiamo che
il Padre si lascia strozzare nel suo spirito di amore,
senza mai dire ‘ahi’; ma in silenzio e con amore gusta
quel sapore di morte, per trasformarsi in sapore di vita
per la sua creatura.

85

Bene genitoriale vendicatore. Il bene genitoriale: quello
accumulato sui figli. Mio lo si dice per quel bene.
Occorre fissare i limiti di quel ‘mio’: all’incominciare,
alla formazione, alla difesa, all’educazione. È la comunione
che il Padre scioglie.
Da qui la vendetta dei genitori.

Col mio bene: appariscente, attraente, disponente, aderente,
appropriante, io punto decisamente alla mia glorificazione.
Quando non la ottengo, anzi ottengo il contrario,
allora il mio bene egoisticizzato manifesta e fa esplodere
tutta la sua carica infernale. Mi faccio vendicatore del
bene che viene respinto: bene repellente: bene che respinge
invece di attrarre, sfruttando la mia posizione di sacerdote.
Si era convinti che Dio difendesse il suo consacrato,
e che non ci fosse da toccarlo per niente, se non si voleva
andare a finire male. Come pure si andava convinti che
Dio favoriva il suo consacrato; ogni sua invocazione di
castigo si pensava sicuramente efficace.
Ora la visione Paterna dentro di me mi ha fatto vedere il
mio inganno, e me lo ha completamente sciolto. È cosa
buona per me che il mio bene venga rifiutato.
Ringraziamo il Padre che ci manda i fratelli a lottare contro
il nostro bene fideato e visuato. Vendicatore di bene
repellente era il sacerdote di ieri, che offriva ai suoi fratelli
un bene divino che non era suo. Cosa non faranno i genitori
che possono vantare un bene totalmente loro?
Parliamo ora del bene genitoriale: quello cioè dei genitori.
È tutto quel bene che vanno ammassando sui figli.
Marcatamente lo chiamano: mio figlio, e tale lo sentono.
Lo sentono proprietà personale, fino anche ad escludere
Dio quando non lo favorisce e non lo rispetta, secondo
loro. Riportiamo quel ‘mio’ alla sua grandezza naturale.
1) Quando il figlio incomincia, di tuo c’è solamente un
corpo animato, tanto potenziale da non poterlo neppure
vedere (embrione umano). Mentre lo Pneuma ci
mette uno spirito umano Spiritato. Il figlio non incomincia
soltanto da te, madre; mentre, incomincia col
Padre, e non lo lascerà mai più.
2) Per la formazione del Figlio, tu madre ti lasci prendere
l’occorrente, mentre le meraviglie del corpo umano le
va componendo mater natura, figlia di Dio.
3) Le difese esterne che offri al neonato sono ben poca
cosa, rispetto a quelle interiori fornite dalla natura.
4) Sono molti i sacrifici che compi per allevarlo e per educarlo
umanamente, civilmente, religiosamente, per dare
una istruzione, una professione; ma niente, in confronto
con quello che fa lo Pneuma (subisce la morte).
Quel bene per due terzi è suo; solamente per un terzo è
tuo, e questo quarto sei pronta ad egoisticizzarlo. Quel
figlio lo vuoi in comunione con te, perché lui ti dia un
grande piacere. Ai giorni nostri il Padre colpisce a morte
proprio quella comunione genitoriale col figlio. Non come
facciamo noi. Lui lo fa subendo nel figlio di oggi una
morte esagerata. Ed ecco il figlio disobbediente, intollerante
dei suoi genitori, ribelle, sprezzante, mattatore, crudele
e spietato. I genitori devono subirlo nella sua voglia
sfrenata di avere altrove il suo piacere. È allora che i genitori
non ci vedono più. Partono con le minacce invocate:
‘Il Signore ti castigherà, se tu tratti così i tuoi genitori!’.
Proseguono poi col pentimento amaro: ‘Quanto mai ti ho
messo al mondo!’.
Sospettando che Dio non li ascolti, allora augurano un giusto
vendicatore: ‘Qualcuno ti farà pagare quello che tu stai
facendo adesso a me!’. Dall’incerto si passa infine alla
certezza di una maledizione: ‘Sarai maledetto per sempre!’.
Il grande bene genitoriale si riduce così ad un
ammasso infernale. Finchè è comunione, tutto appare
buono; a quando volge in maledizione, appare chiara allora
la sua infernalità. Sacerdoti. Genitori. Vendicatori.

86

La fustigazione morale nella tradizione profeticale. Sono
vendicatore del bene che non è lodato; ma sono anche
fustigatore del male che corre.
La mia non è fustigazione fisica, ma morale. È nella tradizione
profetica. Gesù la eredita per averne odio micidiale.
Pure la Chiesa Figliale. Ma l’uomo cresciuto è riuscito
a far tacere i pubblici fustigatori. Anche me; ma lo
Pneuma mi fa cambiare l’oggetto: me, e non più i miei fratelli.
Mi rimane una coda pungente.

Il piacere del bene appariscente, attraente, disponente,
aderente, appropriante e glorificante, dà una copertura
magica (me lo fa sentire buono) a tutto il bene che sboccia
dalla mia prima assoluzione che ottengo togliendomi ogni
piacere di cosa o di persona. Non amandomi incomincio
ad amare, e amando incomincio a fare del bene agli altri.
Copertura magica che con una certa frequenza subisce
profondi e vistosi squarci. Questo avviene quando il mio
bene non consegue la mia glorificazione, anzi ne ottiene
disprezzo e condanna.
È quella la voce della verità che io mi inganno a non voler
ascoltare e a non voler considerare. È voce della verità
quella repulsa che ottiene dagli altri il mio bene egoisticizzato.
Non lo accolgo e non lo approvo; per questo io mi
faccio vendicatore di bene repellente (o respingente).
Ma c’è un altro squarcio che si fa in quella copertura
magica quando col mio bene egoisticizzato mi trovo
davanti al male corrente. È allora che io mi faccio fustigatore
crudele e spietato del male corrente. Fustigatore è la
persona che fustiga. Azione del fustigare: la fustigazione.
La fustigazione era una brutta punizione che si dava a
coloro che commettevano certi delitti. Immobilizzata la
persona in modo che il dorso rimanesse ben teso, glielo si
percuoteva con violenza, usando verghe unite a formare
un solido manipolo. I colpi prima producevano lividure,
poi rompevano la pelle stracciandola e facendo a brandelli
la carne che veniva irrorata di un effluvio di sangue. La
flagellazione era un press’a poco, però vi si impiegavano
strumenti più efficaci per punire la vittima.
È evidente che a fustigare il male corrente io non adopero
più né verghe né flagelli; dispongo di una mente, di una
lingua e di un odio raffinato: quello che mi esce fuori dal
mio bene egoisticizzato. Parliamo allora non di una fustigazione
fisica, ma morale.
1) La fustigazione del male corrente fece una attività inerente
alla missione di ogni profeta. Non trovate un solo
profeta nell’Antico Testamento che non abbia con forza
fustigato i mali correnti. I malvagi non sempre si convertivano,
però la coscienza del male la si teneva viva,
e soprattutto scatenava un odio così furibondo, da offrire
buona occasione per convalidare col sangue la
denuncia di quei mali.
2) Gesù pure si tiene sulla linea di quella tradizione profetica,
pur sapendo che le persone di Chiesa ebraica non
si sarebbero convertite affatto. Lo ha fatto con una
chiarezza e una forza di denuncia tale da dare svolgimento
pieno all’odio della sua Chiesa, per lasciarsi
investire nella sua ira e lasciarsi annientare.
3) Quella tradizione è passata nella Chiesa Figliale in un
modo così facile e forte da dar vita a una fustigazione
genitoriale, ecclesiale, e soprattutto sacerdotale. Era
bravo quel sacerdote che sapeva fustigare i mali correnti
con forza e con intelligente sarcasmo. Ci era facile e
ci era comodo, con una persona che si sentiva piccola,
mentre sentiva grande l’autorità, e la paura di una pubblica
fustigazione la rimetteva in riga, almeno esternamente.
Oggi la persona che si sente grande è riuscita a
far tacere i fustigatori del male corrente.
Anche io, ora, dallo Pneuma sono stato fatto fustigatore
del male corrente. Mi ha fatto specchiato; mi sono visto,
mi sono letto, e ora mi dico fustigandomi. Mi ha fatto
fustigatore del mio male corrente.

87

Fustigatore di maleficio io sono. Ora sono fustigatore di
ufficio del mio male corrente e sono di beneficio. Ma mi
trovo fustigatore privato di maleficio. Un tribunale atipico,
diverso da ogni altro. Un giudice che condanna, ed
esegue anche la sentenza.
Il tutto iscritto nella memoria per la vecchiaia. Su tutto e
su tutti il mio disumano giudizio.

Il bene appariscente, attraente, disponente, aderente,
appropriante, gloriante me, mi dà un grande piacere. Per
quel piacere io lo sento buono, con tutta sicurezza.
Mi dà più sicurezza il piacere del bene, molto di meno il
piacere del male.
1) L’inganno viene a galla quando il bene non ottiene la
mia glorificazione.
È allora che mi faccio vendicatore del bene che invece
di attrarre a me, li respinge da me.
2) Altra emersione del mio inganno si ha quando il mio
bene egoisticizzato va ad urtare col male corrente.
È allora che mi faccio fustigatore del male che scorre
nei miei fratelli.
La fustigazione religiosa si è diversamente qualificata,
a seconda dei fustigatori. Abbiamo fatto così parola del
fustigatore profeticale, figliale, ecclesiale e sacerdotale.
Tutti costoro nella storia religiosa coprivano un ufficio per
il quale era loro dovere fustigare il male. Li chiamo quindi
fustigatori di ufficio. E per questo meritano anche della
attenuanti. Io fustigatore sacerdotale andavo convinto che
era mio dovere farlo sugli altri. Adesso so che non lo è, e
non lo era, perché lo Pneuma mi ha cambiato in fustigatore
del mio male corrente.
Fustigandomi non esco mai dal vero per cadere nell’autolesione.
Non è finzione volta allo scopo di suscitare lode e
ammirazione che potrebbero esprimersi così: ‘Oh quanto
è umile quel prete lì!’. A livello istintivo c’è tutto il male
che mi vado dicendo, anche se a livello Pneumatico lotto
disperatamente per non concedergli spazio razionale.
Rimango ancora fustigatore d’ufficio; non più però del
male corrente nei fratelli, ma in me stesso. Però alla luce
Pneumatica mi trovo ancora fustigatore privato dei fratelli.
Finché mi fustigo pubblicamente lo sono di beneficio;
ma quando fustigo privatamente sono di maleficio: faccio
del male a Dio, a me stesso e ai miei fratelli, perché non la
smetto di fustigare il loro male. Sono un fustigatore di
maleficio. Parlare di malessere nei tribunali dello stato è
poco: occorre parlare di agitazione, di eccitazione e di
sovreccitazione, di marasma giudiziale.
1) C’è un solo tribunale che non ne risente minimamente,
ma procede imperterrito nella sua attività, e con una
sicurezza imperturbata. Quel tribunale sono io. Sono un
tribunale inqualificabile, unico nel suo genere. Non vi
cercate le componenti naturali per ogni tribunale. Non
vi sono accusatori, non vi sono avvocati difensori, non
c’è pubblico ministero, non c’è alcun dibattimento, non
vi si ammette appello, non c’è un collegio giudicante,
non c’è camera di consiglio, non ci sono sedute fiume.
2) C’è un solo giudice, che si attribuisce carattere di assoluta
infallibilità: sono io. Davanti a lui (me) il male che
gli viene in visione: il male che vede. In quel male corrente
viene emessa fulminea la sentenza di condanna,
seguita prontamente dalla sua esecuzione.
Quella persona da me ora trattata viene colpita rabbiosamente
dal mio odio: la disprezzo, la calpesto, la derido, la
insulto, la copro di sarcasmo, la anniento.
Quel trattamento non è dovuto solo a un sentire momentaneo,
ma quella condanna viene inscritta nella mia mente,
sempre pronta per una revisione di conferma o di aggravamento.
Questo giudizio disumano, me lo vedo farsi, di
continuo con tutti, con ogni male corrente, in ogni situazione.
Si interrompe solo quando chi fa il male si dispone
a gloriare il mio bene.

88

Giudizio di condanna su quel male che mi giunge in visione,
in audizione. Ora la audizione è sacramentale, ora è
sociale. Male visuato e male loquato. Va tutto a giudizio
di condanna senza alcuna distinzione di trattamento.

Il bene appariscente che ha un’unica finalità: la gloriante,
mi dà un gran piacere. Questo mi fa convinto della sua
bontà. L’inganno viene a galla quando col mio bene egoisticizzato
io vado ad urtare contro il male corrente. Allora
mi trovo ad essere un abile fustigatore del male. Lo sono
per ufficio sacerdotale; soltanto che lo Pneuma mi ha fatto
passare dal male altrui al mio male. Così, mi vuole fustigatore
di beneficio per me e per i miei fratelli.
Ma io mi sono trovato anche un fustigatore privato del
male corrente. Il mio tribunale si diversifica da ogni altro,
perché io unico giudice giudico sempre a condanna tutto il
male che mi viene in visione.
1) Un giudizio fulmineo. Mi fa sorridere il giudizio
umano dei tribunali, per direttissima. Il mio di giudizio
è istantaneo: nell’atto in cui mi giunge in visione il
male corrente, io mi sento farmi un colpo mortale sulla
persona che lo commette.
2) Giudizio sintetico: giudizio, condanna, esecuzione
fanno un tutt’uno inscindibile.
Per questo non si dà luogo ad accertamenti, a indagine;
non si ammette alcuna attenuante, non si fa alcuna distinzione
tra male cosciente ed incosciente, tra male forzato e
male libero, tra male istintivo e male razionale.
Il mio è un tribunale disumano, e i suoi giudizi sono vergognosi
e ripugnanti. Tutto questo esce fuori dal mio bene
egoisticizzato, il quale non mantiene neppure un filamento
di vita, ma tutto è impregnato di morte che fulmineamente
colpisce non appena ghermisce un male qualunque.
Avessi a fare questo solamente col male che mi viene in
visione! Il peggio è che questo lo faccio con tutto il male
che mi viene in audizione.
È il male corrente che le persone mediante la parola parlata
fanno arrivare proprio là dove non lo può portare la
visione. Il male visuato offre una visione limitata; il male
loquato accresce la conoscenza in modo sconfinato. Mi
sono trovato persona sgradita:
a) perché del male visuato non sono un banditore scatenato.
Il male che vedo non lo dico a nessuno. Lo
ascolto con immenso piacere, e questo fa contentissimo
il relatore:
b) (del male loquato non sono più ascoltatore) non
sarebbe così se io rifiutassi quella notizia. Mi succede
quando come sacerdote svolgo l’attività medicale.
Nella confessione l’ammalato non resiste alla
voglia di divulgazione del male fatto dagli altri. A
quel punto io domando con forza che non se ne faccia
parola. L’ammalato si sente fin troppo mortificato
dal mio stop, non rimane soddisfatto, e sicuramente
decide di non fare un ritorno alla confessione.
Questo lo faccio anche fuori dalla confessione.
Prima di così, la mia audizione si muoveva in un gran piacere,
il quale non mi lasciava capire le cose più elementari.
Il male riferito è male già colpito a morte, nel modo più
irrazionale. E se poi si riferisce a quello che si è ascoltato
da altri, nei suoi vari passaggi viene falsamente alterato, al
punto da non essere più il male qual’era alla sua origine.
In me però gli effetti erano identici a quelli del male visto:
giudizio, condanna, esecuzione sono un colpo solo. Tra
male in visione e male in audizione non c’era alcun diverso
trattamento. Amici nel colpire a morte. Sento tanto
ribrezzo di me, che ora non voglio alcun ascolto.