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In silenzio orale. Del nemico se ne parla con grande piacere;
viene dall’amore per me.
1) Colpire senza esserlo
2) Condannare senza difesa
3) Raccogliere persone che mi diano ragione
4) Saperne di più
5) Così l’odio non può decrescere
6) Mentre io mi sento innalzare sulla carogna del mio nemico.
Silenzio orale è termometro di quello mentale.

Quando incomincio a convincermi che accogliere il nemico
dalla volontà Paterna non è una cosa assurda, allora
attendo ai preparativi per dare accoglienza buona al mio
nemico. Lo accolgo bene quando io sono disposto a
lasciarmi odiare. Una disposizione che ottengo solamente
quando vado riducendo l’amore per me.
Amarmi e lasciarmi odiare non possono stare insieme.
L’amarmi vuole l’odiare. Solo l’amare accetta il lasciarmi
odiare. Il lasciarmi odiare va indissolubilmente congiunto
al silenzio. Il primo è quello interiore.
L’ho chiamato mentale. Per ottenerlo devo fare tacere
tutto quello che mi si scatena dentro all’azione di morte
del mio nemico. Devo spegnere il sentire contro, l’agire
contro, e il ragionare contro.
Un intervento difficile assai. Il Figlio non l’ha ottenuto da
me. Ce l’ha fatto solo il Padre, che ci ha dato in visione il
suo profondissimo silenzio nell’atto di subire la morte dell’amore
dalla sua creatura, e mi ha alimentato una grande
pietà verso la sua morte che accetto nel mio nemico. Non
posso più uccidere un morto vivo.
Per giudicare il grado di silenzio mentale ottenuto nella
nostra vita disponiamo di una misurazione facile: il silenzio
orale. Orale è il silenzio di bocca (termometro), di
parola, e quindi silenzio verbale.
Che silenzio facciamo sul male che ci ha fatto il nemico?
Dipendenza diretta dell’orale dal mentale. Il silenzio mentale
induce sicuramente quello orale.
Ma la loquacità verbale ci parla della effervescenza mentale.
Perché mai si parla tanto dei nostri nemici? Se ne
parla in famiglia, nelle amicizie, in società, in incontro
medicale. Se ne parla per un grande piacere che ne abbiamo.
Dovrebbe essere facile il capirlo.
L’odiare è dell’amarmi; e amarmi, per me è un gran piacere;
quindi mi piace odiare, anche se subito voi dite che non
vi piace.
1) Ne parliamo del nemico, quando ci siamo difesi davanti
a lui.
2) Come pure quando non ci siamo opposti, ma unicamente
per umani motivi.
Soprattutto in questo secondo caso il parlarne è una forma
sottilissima di vendetta carica di somma viltà.
1) Si colpisce il nemico sicuri di non essere colpiti.
2) Si condanna senza la presenza della persona condannata,
che non può opporre alcuna difesa.
3) La pubblicazione dei miei nemici punta inconsciamente
a radunare attorno a me gruppi di persone che mi danno
ragione. I miei torti amano il nascondimento, mentre i
torti del mio nemico li voglio in ostensione completa. E
non me ne accorgo che l’assegnazione della ragione a
me e del torto al mio nemico non sa di sincerità, ma di
finzione. Nessuno vuol comparire nemico di una persona
che odia, ma solamente suo amico.
4) Parlandone posso raccogliere utili informazioni sul mio
nemico, che mi accrescano la convinzione della sua
corpulenta malvagità.
5) Conseguenza palese del mio parlare del nemico è una
crescita vistosa del mio odio contro di lui.
6) Ma il risultato più ingannevole è che io mi vado convincendo
della bontà mia e della malvagità sua. Il
disprezzo del nemico accresce la stima per me.
Ho la sicurezza di non odiare, ma di lasciarmi odiare solamente
quando stabilisco un silenzio rigoroso: mentale e
orale. Accoglienza perfetta: lasciarmi odiare in silenzio
mentale e orale pieno e religioso.

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