Fustigatore di maleficio io sono. Ora sono fustigatore di
ufficio del mio male corrente e sono di beneficio. Ma mitrovo fustigatore privato di maleficio. Un tribunale atipico,
diverso da ogni altro. Un giudice che condanna, ed
esegue anche la sentenza.
Il tutto iscritto nella memoria per la vecchiaia. Su tutto e
su tutti il mio disumano giudizio.
Il bene appariscente, attraente, disponente, aderente,
appropriante, gloriante me, mi dà un grande piacere. Perquel piacere io lo sento buono, con tutta sicurezza.
Mi dà più sicurezza il piacere del bene, molto di meno il
piacere del male.
1) L’inganno viene a galla quando il bene non ottiene la
mia glorificazione.
È allora che mi faccio vendicatore del bene che invece
di attrarre a me, li respinge da me.
2) Altra emersione del mio inganno si ha quando il mio
bene egoisticizzato va ad urtare col male corrente.
È allora che mi faccio fustigatore del male che scorre
nei miei fratelli.
La fustigazione religiosa si è diversamente qualificata,
a seconda dei fustigatori. Abbiamo fatto così parola del
fustigatore profeticale, figliale, ecclesiale e sacerdotale. Tutti costoro nella storia religiosa coprivano un ufficio per
il quale era loro dovere fustigare il male. Li chiamo quindi
fustigatori di ufficio. E per questo meritano anche della
attenuanti. Io fustigatore sacerdotale andavo convinto che
era mio dovere farlo sugli altri. Adesso so che non lo è, e
non lo era, perché lo Pneuma mi ha cambiato in fustigatore
del mio male corrente.
Fustigandomi non esco mai dal vero per cadere nell’autolesione.
Non è finzione volta allo scopo di suscitare lode e
ammirazione che potrebbero esprimersi così: ‘Oh quanto
è umile quel prete lì!’. A livello istintivo c’è tutto il male
che mi vado dicendo, anche se a livello Pneumatico lotto
disperatamente per non concedergli spazio razionale.
Rimango ancora fustigatore d’ufficio; non più però del
male corrente nei fratelli, ma in me stesso. Però alla luce
Pneumatica mi trovo ancora fustigatore privato dei fratelli.
Finché mi fustigo pubblicamente lo sono di beneficio;
ma quando fustigo privatamente sono di maleficio: faccio
del male a Dio, a me stesso e ai miei fratelli, perché non la
smetto di fustigare il loro male. Sono un fustigatore di
maleficio. Parlare di malessere nei tribunali dello stato è
poco: occorre parlare di agitazione, di eccitazione e di
sovreccitazione, di marasma giudiziale.
1) C’è un solo tribunale che non ne risente minimamente,
ma procede imperterrito nella sua attività, e con una
sicurezza imperturbata. Quel tribunale sono io. Sono un
tribunale inqualificabile, unico nel suo genere. Non vi
cercate le componenti naturali per ogni tribunale. Non
vi sono accusatori, non vi sono avvocati difensori, non
c’è pubblico ministero, non c’è alcun dibattimento, non
vi si ammette appello, non c’è un collegio giudicante,
non c’è camera di consiglio, non ci sono sedute fiume.
2) C’è un solo giudice, che si attribuisce carattere di assoluta
infallibilità: sono io. Davanti a lui (me) il male che
gli viene in visione: il male che vede. In quel male corrente
viene emessa fulminea la sentenza di condanna,
seguita prontamente dalla sua esecuzione.
Quella persona da me ora trattata viene colpita rabbiosamente
dal mio odio: la disprezzo, la calpesto, la derido, la
insulto, la copro di sarcasmo, la anniento.
Quel trattamento non è dovuto solo a un sentire momentaneo,
ma quella condanna viene inscritta nella mia mente,
sempre pronta per una revisione di conferma o di aggravamento.
Questo giudizio disumano, me lo vedo farsi, di
continuo con tutti, con ogni male corrente, in ogni situazione.
Si interrompe solo quando chi fa il male si dispone
a gloriare il mio bene.
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