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Bene di passaggio quello compiuto, a un altro assoluto.
Salviamo il bene compiuto. Non fermiamoci ad esso.
Sarebbe divorato dall’amore per me: ma passiamo dal
bene relativo a quello assoluto, come Gesù ha fatto. Bene
assoluto è lasciarmi odiare.

Il bene che faccio nascere rinnegandomi il piacere dell’amarmi
mi viene catturato dall’amore per me e me ne fa
una dolce spremuta: me lo fa godere.
Poi si mette lui a gestire il bene, e mi fa produrre quello
che mi dia il massimo piacere.
Con quella gestione io piacevolmente mi faccio generatore
di bene appariscente, ostensore di bene attraente, convogliatore
di attenzione bene disponente, aspiratore di credibilità
aderente, appropriatore di bene vagante, divoratore
di gloria acclamante, e nel contempo vendicatore di
bene repellente, fustigatore di male corrente, mattatore di
male aggrediente.
Un simile cristiano si sente portato a celare e a negare il
suo male e a non vederlo più. Si sente portato ad associarsi
per darsi la potenza del bene.
Con la sua potenza sviluppa ogni sorta di angheria.
Diventa un campione di menzogna, mentre il suo bene
assume qualità terrificanti: si solidifica, si assolutezza, si
rende insolubile e inconvertibile.
La persona di Chiesa nasce e si fa su proprio così: egoisticizzando
tutto il bene che compie. La persona di Chiesa è
fortemente inserita nella sua comunità. Se il piacere del
bene è la peste di una comunità, sicuramente la persona di
Chiesa che lo coltiva ne è l’untore.
Davanti a questa analisi Pneumatica non può farsi che un
grido accorato: salviamoci dal piacere del bene, dal bene
egoisticizzato, salviamoci dalla persona di Chiesa. Ma
dove nasce l’invocazione, non tutto è rovinato.
Dove non nasce dobbiamo invece temere una rovina irreparabile.
Raccogliamo il grido accorato, e prontamente
veniamo in aiuto. Salviamolo: è urgenza, perché da solo
non riesce a salvarsi.
L’amore per me me lo cattura e me ne fa una spremuta di
piacere, e me lo converte in morte. Per salvare il bene non
dobbiamo fermarci al bene compiuto (divieto di sosta).
Parcheggiato, me lo divora. Divorato, cresce l’amore per
me e l’odio.
L’amore per me è amore di odio: amandomi io prendo ciò
che è per me, ma odio quello che mi è contro. Per questo
lo chiamo sinteticamente: amore di odio. Amore di morte
viva. Salviamolo.
1) Non è sicuro, è votato al sequestro.
2) Il bene che faccio nascere sciogliendo l’amore per me
nel sentire e nell’agire è un bene relativo (che si mette
in relazione con un altro).
Tanto che può essere risucchiato di nuovo dall’amore per
me. Non è un bene assoluto. È dunque un bene di passaggio.
Passaggio obbligato, ma sempre passaggio. Guai se
mi fermassi a un bene relativo. Devo invece adoperarlo
per passare a un bene assoluto, che non ammetta alcuna
divorazione. Il bene assoluto è uno solo, e non per mia
personale affermazione, ma per divina proposizione. Dio
ce lo propone, non solo a parole, ma fattivamente. Gesù
del bene ne ha compiuto tanto; ma a differenza di noi, non
per soddisfare l’amore per sé, quello cattivo: non ne
aveva; ma Lui stesso l’ha fatto per incominciare a far parlare
un bene che ancora non aveva conseguito. Fa miracoli
di bene, per far sapere quegli altri miracoli che avrebbe
fatto con un altro bene. Dal bene relativo passa a quello
assoluto. Questo è il bene assoluto: lasciarsi odiare dalla
sua Chiesa con odio qualificato in sé: un odio totale, pubblico
e ufficiale e qualificato nelle persone: non si accontenta
di un odio comune né religioso né ecclesiale né dirigenziale,
ma dell’odio ufficiale della sua dirigenza ecclesiale.
Per questo diciamo di Lui: Gesù ama lasciandosi
odiare: subendo. Un amore perfetto, sicuro, assoluto, efficace:
l’unico che salva: salva morendo. Ecco i miei passaggi:
dall’amarmi, all’amore bene facendo. Dall’amore
ben fatto, al lasciarmi odiare: male subendo.

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